Scintille mentre si impara a sciare: cambiare sport o mettersi a uovo e via?
ll sole splende, la neve brilla e c'è chi mormora che sarà la più bella giornata della stagione. Non di certo la mia. Mia figlia di sei anni ed io abbiamo deciso di imparare a sciare, perciò oggi sarà una giornata dura.
Per esperienza so che dopo il clic degli attacchi degli sci in genere va tutto a rotoli, sia noi (che rotoliamo giù dalla montagna), sia il nostro umore, la nostra pazienza e i nostri buoni propositi. È stato così nei giorni scorsi, lo sarà anche oggi. Basta sapere che mentre ci dirigiamo verso il tappeto mobile, cominciamo già a impigliarci l'una nell'altra.
Io: «Gli sci devono stare paralleli.»
Lei: «Non ci riesco.»
Io: «Guarda come faccio io.»
Lei: «Ma se sto già facendo la stessa cosa!»
Ancora lei: «Ahiaaa!»
Io: «Niente di grave. Dammi la mano, ti aiuto a rialzarti.».
Lei: «Va benissimo, anzi malissimo!»
La storia va avanti così per un po’ e dopo aver fatto due volte la pizza (oggi sciare a spazzaneve si dice così) non sentiamo più il gracchio alpino gracchiare, talmente è elevato il volume delle nostre sbuffate e imprecazioni.
Ogni due minuti mi chiedo che cosa diavolo sto facendo. Per me non è solo il nervosismo a esasperare una giornata sugli sci, ma anche tutta la storia dell'equipaggiamento, dei costi, del bilancio ecologico e il rischio di farsi male. Visto così, lo sci porta con sè solo aspetti negativi. È anche vero che né io né il mio compagno siamo veri campioni nello sport invernale. Per noi e infradito sono più adatte degli scarponi e mangiare la pizza è meglio di farla.
L'unico neo è che ci tengo che i nostri figli imparino a sciare. So che è assurdo, però ho le mie ragioni. Prima di tutto penso che imparare a sciare da adulti sia praticamente impossibile. Poi, secondo me sciare fa parte della cultura elvetica e voglio che i miei figli si avvicinino alla nostra cultura e imparino questa disciplina così diffusa da noi.
Probabilmente la chiave sta proprio nella parola «imparare». Avrei dovuto affidarmi a un esperto sin dall'inizio. Optare per una scuola di sci, meglio se organizzata su più giorni consecutivi. Se avessi fatto così, oggi mia figlia ed io scenderemmo tranquille la pista blu, canteremmo canzoni sulla seggiovia e ci racconteremmo barzellette bevendo Rivella al ristorante degli impianti.
Invece siamo qui impalate davanti al tappeto mobile, più frustrante che entusiaste, cercando di riprenderci dall'ennesima caduta. Finalmente vedo avvicinarsi a noi una persona. È il mio cognato, che vive nelle vicinanze. . «Ehi, vieni con me?», chiede a mia figlia indicando con il bastone l’ancora. Ci tengo a chiarire che noi siamo ancora nella fase del riscaldamento e una discesa più lunga non è per niente una buona idea. Ma cosa fa mia figlia? Fa una curva e raggiante segue mio cognato. Scende addirittura a uovo! Mi sento un po’ offesa, un po’ incantata e decido di dare le dimissioni quale maestra di sci di famiglia. Con questa svolta, la giornata si trasforma anche per me nella più bella della stagione.
Sull’autrice
Eva Wirth (38) vive con il compagno e i tre figli (zero, tre e sei anni) in un paesino nei pressi di Zurigo. Piuttosto che i consigli degli educatori, la famigliola preferisce ascoltare canzoni di Mani Matter. Eva è redattrice di professione, ma al momento si è presa una pausa per fare la mamma.